Immagina questa scena: hai passato un’intera giornata a scattare, molto produttivamente.
Un paio di paesaggi e panorami urbani, alcuni scatti architettonici, un po’ di fotografia di strada, una manciata di ritratti, o qualunque altra cosa tu preferisca…
Finalmente sei riuscito a scaricare quegli scatti dalla scheda di memoria nel tuo catalogo di fotografie o programma di ritocco.
Hai selezionato con cura tutte quelle da tenere.
Ora è il momento di post-elaborare gli scatti. Si spera che tu abbia già pensato a una procedura efficace per rendere la post-elaborazione meno stressante, ma per alcuni fotografi rimane sempre una domanda che sembra sorgere più o meno in ogni sessione di editing:
“Questa foto dovrebbe essere a colori o in bianco e nero?”
Non c’è una risposta oggettivamente giusta o sbagliata, ma ci sono alcuni principi di base da tenere in mente che ti possono aiutare a decidere.
Bianco e nero vs. monocromo
Il termine “bianco e nero” e “monocromatico” spesso sono usati come sinonimi. Non è sempre sbagliato, ma in realtà c’è una sfumatura a cui dovremmo sempre fare attenzione.
Un’immagine monocromatica è formata da vari toni di un solo “colore”. Le immagini a cui generalmente ci riferiamo quando parliamo di bianco e nero in realtà sono monocromatiche, ma è solo uno tra vari modi possibili per realizzare un’immagine monocromatica.
La foto qui sotto è un esempio di immagine monocromatica, ma non è una foto in bianco e nero.
Generalmente le foto in bianco e nero, per come vengono create nella fotografia digitale, sono composte da pixel che variano attraverso l’immagine dal nero pieno, attraverso multiple sfumature di grigio, fino al bianco, come si vede nelle foto qui sotto.
Se devi scegliere tra il creare una foto in bianco e nero o, invece, a colori, rifletti e fatti queste domande:
Qual è il ruolo del colore in questa fotografia?
Questo è un criterio soggettivo, ma dovrebbe essere prioritario nel tuo processo di decisione.
È troppo semplice concludere che il colore è sempre importante: se vediamo il mondo a colori, perché le nostre foto non dovrebbero essere a colori?
Il fatto è che il colore, a volte, può distrarre o non avere senso. D’altra parte, ci sono anche volte in cui il colore è cruciale per un certo scatto.
Un panorama che si basa principalmente su un arcobaleno probabilmente sarà più bello se presentato a colori, perché l’arcobaleno ha un ruolo molto importante nella scena e un arcobaleno in bianco e nero non è un granché da vedere.
La forza nevralgica della fotografia non si basa per forza di cose sul colore: convertire la foto bianco e nero può permetterti di enfatizzare altre qualità visive dell’immagine.
Inoltre, se la tua foto è afflitta da colori particolarmente slavati o da luci forti che non si riescono a sistemare adeguatamente in post-elaborazione, trasformarla in una foto in bianco e nero può aiutarti a salvare lo scatto.
La fotografia presenta texture importanti o interessanti?
La texture è una componente estetica importante in tutte le forme d’arte: dalla musica, alla pittura, alla fotografia.
Comunemente la associamo al senso fisico di toccare un oggetto, ma quest’associazione è solo uno di tanti modi possibili di percepire una texture. Quando abbiamo a che fare con la fotografia, per esempio, la concettualizziamo attraverso la vista, invece che tramite il tocco.
Guardiamo un soggetto, come una lucertola, un albero o una pietra e immaginiamo quali sensazioni potrebbe suscitarne il tocco: ruvido, gommoso, liscio, frastagliato…
Le immagini in cui la texture ha un ruolo centrale avranno grande beneficio dall’essere convertite in foto in bianco e nero, perché tende a enfatizzare la texture, permettendo all’osservatore di immaginare più facilmente la sensazione di toccare il soggetto.
C’è un contrasto forte, o luci e ombre particolarmente nitide?
Il concetto di contrasto, in generale, ruota intorno alle differenze. Il contrasto di toni, in riferimento specifico alla fotografia in bianco e nero, si riferisce alla differenza di toni: dal nero, al grigio, al bianco.
Il contrasto di colore è dato da come i colori interagiscono gli uni con gli altri. Un’immagine molto contrastata è composta principalmente da bianco e nero, con pochissimi toni di grigio. Luci e ombre forti lavorano insieme per creare un contrasto forte.
Una volta che i colori sono rimossi quel che rimane sono le differenza di toni, quel tipo di contrasto che contribuisce a creare immagini in bianco e nero davvero impressionanti.
Quindi, quando valuti una foto e noti queste caratteristiche di luce, ombre e contrasto, hai davanti a te un candidato perfetto per essere convertito in una foto in bianco e nero.
Che emozioni vuoi comunicare?
Come per la texture, anche le emozioni e l’atmosfera sono concetti astratti, che possono essere trasmessi attraverso la fotografia in modi creativi.
Quando guardi una foto che mostra nuvole gonfie di pioggia, temporali, strade bagnate e persone con l’ombrello, vieni investito da un’emozione particolare. Sai bene com’è la sensazione di camminare nella pioggia e vieni immediatamente trasportato con la mente in quella situazione, in quel luogo.
La fotografia ha, insomma, fatto il suo lavoro e ti ha trasmesso un certo stato d’animo.
Le foto in bianco e nero funzionano particolarmente bene per creare uno stato d’animo cupo. Se vuoi creare un’atmosfera misteriosa intorno al soggetto di un ritratto, la giusta luce insieme al bianco e nero è la miglior scelta per eccellenza.
Considerazioni finali
Su questo argomento le scelte restano comunque molto soggettive e personali. Ci sono fotografi che lavorano quasi esclusivamente a colori e altri che lavorano quasi solamente in bianco e nero. Molti altri si posizionano nel mezzo di questi due estremi, scattando sia a colori che in bianco e nero.
Data la relativa semplicità nel convertire in post-elaborazione le immagini da foto a colori a foto in bianco e nero, non c’è motivo per non provare a realizzare qualche foto in bianco e nero.
Le linee guida che ti ho dato ti saranno di aiuto non solo a determinare quali delle tue fotografie già esistenti potrebbero essere più belle in bianco e nero, ma anche per imparare a guardare il mondo in bianco e nero, per realizzare con semplicità tanti meravigliosi, nuovi, scatti in bianco e nero.
Articolo di JASON D. LITTLE liberamente tradotto dall’originale: http://www.lightstalking.com/black-white-decision/
In tema di bianco e nero, la fotografia digitale ha stravolto il processo mentale e creativo del fotografo ed anche in quest’articolo – che è figlio evidentemente dei tempi in cui viviamo – mi sembra di ravvisare i sintomi di una preoccupante involuzione. Non mi riferisco alle considerazioni ivi esposte – ed altre ancora se ne potrebbero fare – che sono tutte giustissime e condivisibili. Mi riferisco piuttosto alla collocazione temporale della domanda “Quest’immagine dovrebbe essere a colori o in bianco e nero?” che viene assegnata alla fase di post-elaborazione delle immagini, a conferma del fatto che oggi non si decida più sul campo se scattare una foto a colori o in bianco e nero ma si preferisca rinviare la decisione a quando, rientrati a casa, ci si mette comodamente seduti davanti al computer. Il fotografo digitale, insomma, scatta fotografie di tipo “general purpose” riservandosi di trasformarle poi, all’occorrenza, in camera chiara. A causa di quest’approccio “rovesciato”, il bianco e nero sta perdendo sempre più la propria dignità e, da forma di rappresentazione visiva autonoma, rischia di trasformarsi in una mera opzione del colore – opzione talvolta esercitata applicando a casaccio uno dei tanti filtri predefiniti disponibili nei programmi di fotoritocco.
Ai tempi dell’analogico, invece, una fotografia veniva concepita in bianco e nero già in fase di ripresa. L’inserimento di una pellicola pancromatica nella fotocamera costituiva una dichiarazione di intenti incontrovertibile: da quel preciso istante in poi, anche i pensieri del fotografo diventavano in bianco e nero; saper vedere il mondo senza colori era un esercizio difficile che si apprendeva pian piano nel tempo, affinando gradualmente la propria sensibilità. Tutto – prima, durante e dopo lo scatto – era accuratamente pensato in funzione esclusiva del risultato bianco e nero: il tipo d’emulsione, il soggetto, lo sfondo, i filtri di contrasto da utilizzare, le caratteristiche della luce, il trattamento del materiale sensibile. A nessuno sarebbe mai venuto in testa d’immaginare a colori una foto che il fotografo aveva realizzato in bianco e nero: sarebbe stato un esercizio privo di senso, oltreché impossibile.
Come può essere accaduto un tale stravolgimento del costume fotografico nel giro di così pochi anni? Forse perché la smisurata potenza delle applicazioni di fotoritocco lascia erroneamente ritenere che sia diminuita l’importanza delle scelte effettuate in ripresa? O perché l’operazione di conversione in bianco e nero, partendo necessariamente dall’immagine a colori, ci costringe – volenti o nolenti – al confronto fra le due versioni? O perché, nell’era della fotografia fatta con gli smartphone, quello della ripresa è divenuto un rito da consumare in fretta? Io non so rispondere a queste domande, ma di certo stiamo assistendo ad un fenomeno inquietante: il bianco e nero “consapevole” – quello dei grandi maestri della fotografia – cede sempre più spesso il passo ad un bianco e nero “a tentativi“, ottenuto giocando disinvoltamente con i cursori di Photoshop in cerca di un risultato casuale. Quante volte, nei forum di fotografia, s’incontrano dei post contenenti la duplice versione – a colori e in bianco e nero – di una stessa foto con la vibrata richiesta, rivolta a sconosciuti interlocutori, di esprimere la propria preferenza? Ma è una richiesta senza senso: colore e bianco e nero costituiscono due differenti linguaggi fotografici e solo l’autore può decidere quale di quei due linguaggi si addica maggiormente a ciò che egli vuole esprimere. È singolare chiederlo ad altri e, per di più, a posteriori: è come se un oratore, al termine di un discorso, chiedesse agli ascoltatori cosa mai abbia detto ed in che lingua avrebbe dovuto parlare!
In tema di bianco e nero, la fotografia digitale ha stravolto il processo mentale e creativo del fotografo ed anche in quest’articolo – che è frutto evidentemente dei tempi che viviamo – troviamo i sintomi di una preoccupante involuzione. Le considerazioni qui esposte – ed altre ancora se ne potrebbero fare – sono tutte giuste e condivisibili, ma la domanda “Quest’immagine dovrebbe essere a colori o in bianco e nero?” viene temporalmente collocata in fase di editing, ossia al momento di post-elaborare le nostre riprese fotografiche. Perché il “fotografo digitale” non decide più sul campo se scattare a colori o in bianco e nero. Solo al suo rientro a casa, con calma, davanti ad un computer, egli sceglie le sorti delle immagini che ha immortalato: immagini di tipo “general purpose” da trasformare e specializzare a posteriori, all’occorrenza, in camera chiara. E così – purtroppo! – il bianco e nero sta progressivamente perdendo la propria dignità e si sta sempre più trasformando in un’opzione del colore, spesso esercitata tramite l’applicazione di uno dei tanti filtri predefiniti disponibili nelle applicazioni di fotoritocco.
Ai tempi dell’analogico, invece, la foto veniva concepita in bianco e nero già in fase di ripresa. L’inserimento di una pellicola pancromatica nella fotocamera costituiva una dichiarazione di intenti incontrovertibile: da quel preciso istante in poi, anche i pensieri del fotografo diventavano in bianco e nero; saper vedere il mondo senza colori era un esercizio difficile che si apprendeva pian piano nel tempo, affinando gradualmente la propria sensibilità. Tutto – prima, durante e dopo lo scatto – era accuratamente pensato in funzione esclusiva del risultato in bianco e nero: il tipo d’emulsione, il soggetto principale, lo sfondo, i filtri di contrasto da utilizzare, le caratteristiche della luce, il trattamento del materiale sensibile. A nessuno sarebbe mai venuto in testa di provare ad immaginare a colori una foto voluta in bianco e nero dal fotografo: sarebbe stato un esercizio privo di senso, oltreché impossibile.
Come può essere accaduto un tale stravolgimento del costume fotografico nel giro di così pochi anni? Forse perché la smisurata potenza delle moderne applicazioni di fotoritocco lascia erroneamente ritenere che sia diminuita l’importanza delle scelte effettuate in fase di ripresa? O perché l’operazione di conversione in bianco e nero, partendo necessariamente dalla visualizzazione dell’immagine a colori, ci costringe – volenti o nolenti – al confronto fra le due versioni? O perché, nell’era della fotografia fatta con gli smartphone, il rito della ripresa va consumato in fretta? Io non so rispondere a queste domande, ma di certo stiamo assistendo ad un fenomeno inquietante: il bianco e nero “consapevole” – ossia quello studiato e ricercato, praticato dai grandi maestri della fotografia – sempre più frequentemente cede il passo ad un bianco e nero “a tentativi“, ottenuto giocando disinvoltamente con i cursori di Photoshop alla ricerca di un risultato casuale. Per rendersi conto della diffusione del fenomeno basti vedere, nei forum di fotografia in internet, quante discussioni siano aperte da fotografi indecisi, al solo scopo di chiedere agli altri se preferiscano la versione a colori o quella in bianco e nero di una loro foto. Si tratta, evidentemente, di una domanda senza senso dal momento che il colore ed il bianco e nero costituiscono due linguaggi profondamente diversi adatti a situazioni e messaggi altrettanto diversi: quei fotografi “indecisi” sono come degli oratori che prendano la parola senza aver prima deciso non solo i contenuti del loro discorso, ma neanche la lingua in cui parlare!